.
Un po’ rinfrancato, Djoser staccò lo sguardo dal maestoso Guardiano e lo dirottò verso
l’orizzonte occupato dalle tre Piramidi.
Tre Piramidi… Non era possibile! Una
soltanto era la Piramide: quella del faraone Khufu, gloria e potenza dell’Egitto.
Una soltanto: obelisco di luce che si alzava verso Nut, la Signora del Cielo,
illuminando insieme Terra e Cielo. La sua imponenza schiacciava ogni cosa.. La
sua luce era un faro nella notte e lo spigolo, sotto la luna, era una scia di
luce diretta verso le stelle. Perfino Horo, quando di giorno viaggiava sulla
Barca-Mandjet, amava specchiarsi in quel triangolo rivolto verso il Cielo. Ogni
mattino, viaggiando insieme al resto della Divina Compagnia, uscito vittorioso
dal terribile scontro con Apep, il Dragone Cosmico, il Sole traeva bagliori
dalla Mer e li inviava in lontananze remote.
Chi aveva spento quello splendore?
Immensa, infinita, sembrava un Gigante spogliato del suo prezioso mantello; un
Gigante nudo, ferito e con le ossa esposte, sopra le quali una moltitudine di
gente strana stava arrampicandosi come capre in cerca di erba tra le balze dei
monti.
Distolse lo sguardo. Vide un’altra Piramide e vide altre persone
bivaccare e molte altre in frenetico movimento. Dalla sua postazione, gli pareva
di osservare un formicaio impazzito.
Era la Piramide di KafRa e sparsi un po’
ovunque c’erano basamenti, blocchi di pietre, avanzi di mura crollate, ma non
c’erano cantieri…. Eppure… la Piramide del faraone khafRa era ancora in
costruzione; vi stava lavorando anch’egli con la “Squadra dello Scettro”.
Dov’erano le rampe lungo le quali salivano e scendevano slitte cariche di
blocchi, fango e arnesi? Dov’era lo stoccaggio dei blocchi in arrivo sulle
chiatte lungo i canali?... Dov’erano i canali? La Piramide di Khafra pareva già
portata a termine, ma anch’essa era stata spogliata e oltraggiata.
E la terza
Piramide?... Un vero mistero! Più piccola, più modesta, ma oltraggiata
anch’essa come le altre. Era, forse, quella del piccolo principe MenkauRa, che
il Faraone aveva già designato come suo successore, si domandò.
Nemmeno dopo
l’ultima, devastante inondazione, l’Egitto aveva conosciuto tanta desolazione.
L’angoscia gli seccò la gola; perplesso, turbato, non riusciva a ripetere che
le stesse parole:
“Quale
cataclisma? Quale scontro divino? Neppure Keraha conobbe tanta devastazione!”
Keraha era la terra dove aveva avuto luogo l’ultimo durissimo, tremendo scontro
tra Horo e Seth. Una folgore, di colpo, gli attraversò la mente:
“Shai,
la signora del Futuro! E’ stata Lei, l’implacabile Seguace della Grande Madre
Tuaret, a condurre qui il Ka di Djoser. E’ chiaro. Que…questo è il fu…futuro!”
Sconvolto, atterrito, sopraffatto, protese entrambe le mani verso la “visione”;
la toccò, quasi fosse un’immagine riflessa nell’acqua di un bacile ed essa
ondeggiò, proprio come acqua. Si avvolse e si riavvolse su se stessa come un
gorgo, attirandovi tutte le immagini ed inghiottendole fino a farle scomparire.
“Djet
h Neheh!” furono le sue prime parole, mentre riemergeva da quel mondo
sconvolto; il corpo era ancora scosso da un tremito convulso e dal volto era
scomparsa anche l’ultima goccia di
sangue. Le dita, sempre artigliate intorno alla Kherpet, allentarono la presa
ed egli fece un passo indietro; il gesto fece fluttuare l’aria portandosi via
gli ultimi brandelli della visione.
“L’anima dannata di Kabaef ti ha seguito anche
in questo viaggio? Sei pallido come un cencio sbattuto.”
La voce di Thaose fluttuò nell’aria e arrivò
alle sue orecchie come l’eco di una profonda caverna. Il piccolo tripode
fumigava, accanto a lui; la nebbiolina d’oro-sanguigno saliva verso l’alto
insieme all’odore dolce e aspro del seneter, l’incenso, il Profumo-degli-Dei.
“La
Grande Madre – domandò la Veggente; anche la sua voce pareva provenire da
remote distanze – ha messo dentro i tuoi occhi i suoi segreti?”
“Ho
visto la collera degli Dei! - esclamò il ragazzo – Ho visto la Shepes-anh del
Faraone Khafra incatenata e mutilata. Ho visto la Mer di suo padre, la Grande Piramide, spogliata e
depredata... simile ad un Sovrano senza veste né corona. – Thaose e Tausert
ascoltavano impietriti; alla fine del racconto - ... ecco che cosa hanno visto
i miei occhi e non comprendo, per questo voglio tornare laggiù e sapere perché
la Divina-Shai ha mosso il tempo spingendolo così in avanti.”
(continua=)brano tratto da " DJOSER - I Giardini di Osiride"
Nessun commento:
Posta un commento