L'EGITTO dei FARAONI




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venerdì 1 maggio 2015

LA COLLANA della REGINA HETEPHERES





 “Aspettate, amici. Vado a rimediare qualche boccale di birra.”
Il Ratto rallentò il passo. Stava attraversando insieme agli amici
un viale di palme lungo il greto del fiume; indicò il molo a poche decina di metri, affollato di uomini che scaricavano anfore e sacchi da una grossa barca con le insegne reali. Avevano lasciato il Palazzo d'Oro in gran fretta per raggiungere il Tempio di Ptha, dove si trovavano la Cappella di Hapy e i pascoli del Toro Sacro.
La notizia della morte dell’Hapy aveva gettato tutti nella costernazione. Perfino  quella  piccola  canaglia  di  Mosè pareva esserne colpito, ma non il suo senso dell’umorismo,.
C’era il principe Thaose con loro; l’energetica oratoria di Djoser aveva conquistato il giovane sacerdote di Ptha tanto da volerne sapere di più su di lui e le sue strane attitudini.
“Sei  incorreggibile,  Mosè.  Vai  in cerca  di  guai? – l’ammonì l’amico  Osorkon - Sai chi è il padrone di quel palazzo?”
“Certo  che lo so! - rispose senza scomporsi il piccolo ladro - Losanno tutti. E’ la casa del chaty.”
“Quella è la casa del principe Kabaef?” fece eco Djoser, che procedeva pensoso, ma che a quel nome mostrò immediato interesse per la conversazione.
“Proprio quella.”
“Perché mi ha chiamato con quel nome? Il principe Kabaef mi ha chiamato con un nome che non è il mio.”
“Con quale nome?” domandò l’ufficiale del Faraone.
“Bafra. Mi ha chiamato Bafra. E mi ha guardato come se di fronte a lui ci fosse il Ka di un defunto.”
“Forse perché credeva davvero di avere di fronte a sè il Ka di un defunto. - rispose Osorkon - Ho visto anch’io l’espressione della sua faccia mentre ti guardava. Era inquieta.”
“Certo! Ma chi è questo BafRa?”
“Via! Via! - sollecitò Mosè – Non è chiaro? Il nostro amico Djoser assomiglia a qualcuno che portava questo nome; ma non diamoci pena per questo. Il vecchio Mosè ha bisogno di bagnarsi il muso.”  disse passandosi la lingua sulle labbra con golosità.
“Ah,ah,ah! - rise Osorkon - Devi aver battuto la testa se  pensi di poter sottrarre anche un solo chicco di grano da quei sacchi.”
“Quella é merce di ottima qualità. - insisteva con candore il piccolo furfante - Viene dai magazzini reali.”
“Il Faraone manderebbe le guardie e non gli uomini di fatica dei magazzini, se conoscesse la verità.” si lasciò sfuggire Djoser.
“Ho sentito bene? - esordì   il nipote del Faraone che fino a quel momento aveva seguito in silenzio il piccolo battibecco fra i tre – Perché mai il Faraone dovrebbe inviare qui le guardie?”
Djoser ed Osorkon si scambiarono un’occhiata; il piccolo Mosè tentò di prendere in mano la situazione.
“Non avevate fretta di raggiungere il Tempio del vostro Ptha e le stalle del suo Divino Araldo?” disse, nel tentativo di dirottare la conversazione.
“Di che cosa stavate parlando?” il principe replicò la domanda.
“Mostragliela!” Osorkon accompagnò le parole con un gesto.
Djoser tirò la collana di conchiglie d’oro e pietre preziose fuori del sacchetto appeso alla cintura che gli sosteneva il gonnellino.
“Questa collana...” fecero all’unisono Thaose e Mosè, prima di scambiarsi anch’essi un’occhiata, ma di opposto sentimento: il primo, piuttosto contrariata e il secondo alquanto preoccupata.
“La collana della Regina Hetepheres? - esclamò in tono sospettoso Thaose. - Fu portata via dai ladri prima che io nascessi. Perché si trova ora nelle tue mani, Djoser, figlio di Pthahotep?”
“E’ mia la colpa! – s’intromise nuovamente Mosè - Sono stato io a portarla via a quello stupido merit. E’ colpa mia se si trova nelle mani del mio amico. Se qualcuno dev’essere “esaminato” dal bastone, quello è Mosè il Ratto, non certo il dotto allievo di Ptha... dotto, ma alquanto sprovveduto, io dico.”
“Non è colpa del mio amico Mosè, né é colpa mia. - disse Djoser quando riuscì a interrompere quella fiumana di parole improvvisata in sua difesa dal piccolo amico, poi spiegò - Abbiamo sottratto questo gioiello, io e il mio amico Mosè, ad un ladruncolo, ieri al mercato, ma non sappiamo come e perché fosse in suo possesso; se è ancora con me, è perché intendo riporla al suo posto.”
“Davvero? - replicò Thaose con uno scettico sorriso – Pensi che le guardie ti lascino passare indisturbato… - s’interruppe; Djoser lo guardava senza parlare. - Oh! Tu saresti capace di attraversare una spessa parete di roccia, se lo volessi.”
“Ti dico, principe Thaose, che mai attraverserò pareti di roccia, ma prometto che il Ka della regina Hetepheres riavrà la sua collana, anche se il suo sahu non potrà mai ornarsene.”
“Non capisco.” confessò il principe; il sole, intanto, sbirciava attraverso un gruppo di nubi in sosta sulla casa del chaty.
“Il  sarcofago della Regina è vuoto. - scandì Djoser – I ladri che profanarono la sua tomba confessarono di averlo distrutto e   dato in pasto agli avvoltoi dopo averlo spogliato delle gioie.”
Il principe Thaose ebbe un sussulto; lo strepito di mille tuoni non avrebbe prodotto lo stesso effetto. Djoser riprese:
“Non andarono lontano. Furono sorpresi mentre si disputavano la refurtiva. Ogni oggetto recuperato fu deposto nella  nuova   tomba. Questa collana doveva essere tra quelli andati perduti.”
“Per il Cranio Rilucente di Ptha! - proruppe Thaose – Non è  possibile! Come fai tu a conoscere un così terribile segreto?”
“Me l’ha confidato mio padre in punto di morte. Era architetto  della “Squadra del Sapere e della Conoscenza” e mi ha detto...”
Djoser riportò parola per parola quanto Pthahotep gli aveva detto della vicenda. Alla fine:
“Se quanto che dici è vero, ci sono colpevoli impuniti. - il principe Thaose era esterrefatto; fece seguire un attimo di riflessione, poi riprese - Non riuscivo a comprendere l’astio di un uomo potente come il chaty per un ragazzo… Ma dimmi, hai prove di quanto sostieni?”
“Comporterebbero altra violazione alla memoria della Regina.”
“Non capisco.”
“Il mio amico vuol dire, - interloquì il Ratto, che per un po’ si era ritirato in se stesso senza aprir bocca - che bisognerebbe aprire il sarcofago e darvi una sbirciatina al suo interno.”
“Per scoprire se davvero è vuoto?” inorridì Osorkon.
“No!”anche Thaose si mostrò inorridito e contrario all’idea di un nuovo oltraggio alla Sposa di Snefru.
“E allora che cosa si fa? - il Ratto s’intromise nella drammatica conversazione; la sua irriverenza ne stemperava un pò i toni - Mi piacerebbe veder bastonato quella palla di lardo. Ah,ah,ah!...”
“Non avrai mai questa soddisfazione, piccola canaglia! - sorrise il principe – Il chaty non sarebbe mai sottoposto a tale umiliazione. Neppure se fosse colpevole di attentato alla persona stessa del Faraone. Per lui ci sarebbe la concessione di Sua Maestà di potersi procurare la morte da sé.”
“Già! - interloquì Djoser – Non abbiamo alcuna prova. Non ci resta che attendere gli eventi.”
(continua)

brano tratto da  "DJOSER e lo Scettro di Anubi"
di Maria PACE  Editrice MONTECOVELLO
da richiedere in libreria o presso l'Editore
oppure  AUTOGRAFATO presso l'Autrice
 mariapace2010@gmail.com