“Aspettate, amici. Vado a rimediare qualche boccale di birra.”
Il Ratto rallentò il passo. Stava attraversando
insieme agli amici
un viale di palme lungo il greto del fiume;
indicò il molo a poche decina di metri, affollato di uomini che scaricavano
anfore e sacchi da una grossa barca con le insegne reali. Avevano lasciato il
Palazzo d'Oro in gran fretta per raggiungere il Tempio di Ptha, dove si
trovavano la Cappella di Hapy e i pascoli del Toro Sacro.
La notizia della morte dell’Hapy aveva gettato
tutti nella costernazione. Perfino
quella piccola canaglia
di Mosè pareva esserne colpito,
ma non il suo senso dell’umorismo,.
C’era il principe Thaose con loro; l’energetica
oratoria di Djoser aveva conquistato il giovane sacerdote di Ptha tanto da
volerne sapere di più su di lui e le sue strane attitudini.
“Sei
incorreggibile, Mosè. Vai
in cerca di guai? – l’ammonì l’amico Osorkon - Sai chi è il padrone di quel
palazzo?”
“Certo
che lo so! - rispose senza scomporsi il piccolo ladro - Losanno tutti. E’ la casa del chaty.”
“Quella è la casa del principe Kabaef?” fece
eco Djoser, che procedeva pensoso, ma che a quel nome mostrò immediato
interesse per la conversazione.
“Proprio quella.”
“Perché mi ha chiamato con quel nome? Il
principe Kabaef mi ha chiamato con un nome che non è il mio.”
“Con quale nome?” domandò l’ufficiale del
Faraone.
“Bafra. Mi ha chiamato Bafra. E mi ha guardato
come se di fronte a lui ci fosse il Ka di un defunto.”
“Forse perché credeva davvero di avere di
fronte a sè il Ka di un defunto. - rispose Osorkon - Ho visto anch’io
l’espressione della sua faccia mentre ti guardava. Era inquieta.”
“Certo! Ma chi è questo BafRa?”
“Via! Via! - sollecitò Mosè – Non è chiaro? Il
nostro amico Djoser assomiglia a qualcuno che portava questo nome; ma non
diamoci pena per questo. Il vecchio Mosè ha bisogno di bagnarsi il muso.” disse passandosi la lingua sulle labbra con
golosità.
“Ah,ah,ah! - rise Osorkon - Devi aver battuto
la testa se pensi di poter sottrarre
anche un solo chicco di grano da quei sacchi.”
“Quella é merce di ottima qualità. - insisteva
con candore il piccolo furfante - Viene dai magazzini reali.”
“Il Faraone manderebbe le guardie e non gli
uomini di fatica dei magazzini, se conoscesse la verità.” si lasciò sfuggire
Djoser.
“Ho sentito bene? - esordì il nipote del Faraone che fino a quel momento aveva seguito in silenzio il piccolo
battibecco fra i tre – Perché mai il Faraone dovrebbe inviare qui le guardie?”
Djoser ed Osorkon si scambiarono un’occhiata;
il piccolo Mosè tentò di prendere in mano la situazione.
“Non avevate fretta di raggiungere il Tempio
del vostro Ptha e le stalle del suo Divino Araldo?” disse, nel tentativo di
dirottare la conversazione.
“Di che cosa stavate parlando?” il principe
replicò la domanda.
“Mostragliela!” Osorkon accompagnò le parole
con un gesto.
Djoser tirò la collana di conchiglie d’oro e
pietre preziose fuori del sacchetto appeso alla cintura che gli sosteneva il
gonnellino.
“Questa collana...” fecero all’unisono Thaose e
Mosè, prima di scambiarsi anch’essi un’occhiata, ma di opposto sentimento: il
primo, piuttosto contrariata e il secondo alquanto preoccupata.
“La collana della Regina Hetepheres? - esclamò
in tono sospettoso Thaose. - Fu portata via dai ladri prima che io nascessi.
Perché si trova ora nelle tue mani, Djoser, figlio di Pthahotep?”
“E’ mia la colpa! – s’intromise nuovamente Mosè
- Sono stato io a portarla via a quello stupido merit. E’ colpa
mia se si trova nelle mani del mio amico. Se qualcuno dev’essere “esaminato”
dal bastone, quello è Mosè il Ratto, non certo il dotto allievo di Ptha...
dotto, ma alquanto sprovveduto, io dico.”
“Non è colpa del mio amico Mosè, né é colpa
mia. - disse Djoser quando riuscì a interrompere quella fiumana di parole
improvvisata in sua difesa dal piccolo amico, poi spiegò - Abbiamo sottratto
questo gioiello, io e il mio amico Mosè, ad un ladruncolo, ieri al mercato, ma
non sappiamo come e perché fosse in suo possesso; se è ancora con me, è perché
intendo riporla al suo posto.”
“Davvero? - replicò Thaose con uno scettico
sorriso – Pensi che le guardie ti lascino passare indisturbato… - s’interruppe;
Djoser lo guardava senza parlare. - Oh! Tu saresti capace di attraversare una
spessa parete di roccia, se lo volessi.”
“Ti dico, principe Thaose, che mai attraverserò
pareti di roccia, ma prometto che il Ka della regina Hetepheres riavrà la sua
collana, anche se il suo sahu non potrà mai ornarsene.”
“Non capisco.” confessò il principe; il sole,
intanto, sbirciava attraverso un gruppo di nubi in sosta sulla casa del chaty.
“Il
sarcofago della Regina è vuoto. - scandì Djoser – I ladri che profanarono la sua tomba confessarono di averlo
distrutto e dato in pasto agli
avvoltoi dopo averlo spogliato delle gioie.”
Il principe Thaose ebbe un sussulto; lo strepito
di mille tuoni non avrebbe prodotto lo stesso effetto. Djoser riprese:
“Non andarono lontano. Furono sorpresi mentre
si disputavano la refurtiva. Ogni oggetto recuperato fu deposto nella nuova
tomba. Questa collana doveva essere tra quelli andati perduti.”
“Per il Cranio Rilucente di Ptha! - proruppe
Thaose – Non è possibile! Come fai tu a
conoscere un così terribile segreto?”
“Me l’ha confidato mio padre in punto di morte.
Era architetto della “Squadra del
Sapere e della Conoscenza” e mi ha detto...”
Djoser riportò parola per parola quanto
Pthahotep gli aveva detto della vicenda. Alla fine:
“Se quanto che dici è vero, ci sono colpevoli
impuniti. - il principe Thaose era esterrefatto; fece seguire un attimo di
riflessione, poi riprese - Non riuscivo a comprendere l’astio di un uomo
potente come il chaty per un ragazzo… Ma dimmi, hai prove di quanto
sostieni?”
“Comporterebbero altra violazione alla memoria
della Regina.”
“Non capisco.”
“Il mio amico vuol dire, - interloquì il Ratto,
che per un po’ si era ritirato in se stesso senza aprir bocca - che
bisognerebbe aprire il sarcofago e darvi una sbirciatina al suo interno.”
“Per scoprire se davvero è vuoto?” inorridì
Osorkon.
“No!”anche Thaose si mostrò inorridito e contrario
all’idea di un nuovo oltraggio alla Sposa di Snefru.
“E allora che cosa si fa? - il Ratto
s’intromise nella drammatica conversazione; la sua irriverenza ne stemperava un
pò i toni - Mi piacerebbe veder bastonato quella palla di lardo. Ah,ah,ah!...”
“Non avrai mai questa soddisfazione, piccola
canaglia! - sorrise il principe – Il chaty non sarebbe mai sottoposto a
tale umiliazione. Neppure se fosse colpevole di attentato alla persona stessa
del Faraone. Per lui ci sarebbe la concessione di Sua Maestà di potersi
procurare la morte da sé.”
“Già! - interloquì Djoser – Non abbiamo alcuna
prova. Non ci resta che attendere gli eventi.”
(continua)
brano tratto da "DJOSER e lo Scettro di Anubi"
di Maria PACE Editrice MONTECOVELLO
da richiedere in libreria o presso l'Editore
oppure AUTOGRAFATO presso l'Autrice
mariapace2010@gmail.com
brano tratto da "DJOSER e lo Scettro di Anubi"
di Maria PACE Editrice MONTECOVELLO
da richiedere in libreria o presso l'Editore
oppure AUTOGRAFATO presso l'Autrice
mariapace2010@gmail.com
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