L'EGITTO dei FARAONI




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venerdì 11 ottobre 2019

"IL FUTURO"











Qualcosa irruppe dentro di lui, richiamando alla coscienza sentimenti di profonde emozioni. I pensieri, però, erano così eccitati e scossi, da non riuscire a riordinarli per stabilire quali emozioni fossero: angoscia, timore, tenerezza, amore. Era confuso e stordito. Vide la fiamma del braciere, i bagliori della Pietra e il raggio spiovente dall’alto, fondersi in un’unica fiamma e riempire il Grembo-di-Tuaret. Si sentì attirare dentro e si vide avvolto dal Nulla. Comprese che stava guardando con quella che l’amico Thaose chiamava la seconda vista e che il Ka, come d’abitudine, stava staccandosi dal corpo e mentalmente dissolvendosi.
“Ma in che posto sono capitato? - fu la prima domanda che si pose guardandosi intorno. Ma aveva riconosciuto subito quel posto. Era il cantiere delle Piramidi, ma era completamente stravolto - Che cosa è successo qui?” fu la seconda domanda. Ogni cosa, pensò, doveva essersi mossa insieme a lui, compreso il Tempo, poiché nulla era come l’aveva lasciato. Vedeva ogni cosa dall’alto come quando guardava la città dalla terrazza dell’atrio centrale del Tempio. Sotto di lui, però, c’era un paesaggio vuoto da cui si sentì subito escluso. Quasi espulso. Come si sentiva espulso dal Tempo che, comprese, non gli apparteneva.
 “Dove sono capitato?” tornò a ripetersi. Non c’era ombra di palma, acacia o sicomoro; niente giardini e neppure laghetti, canali o sentieri praticati. Non c’era nulla.
Poi la vide. Era di spalle. Accovacciata, ferita, sottomessa: la Shepes-ank del faraone Khafra. La Grande Sfinge, che gli scultori aveva appena finito di scolpire. La Guardiana della necropoli dei Faraoni! Non aveva, però, l’aspetto di un leone pronto al balzo, ma di un animale catturato e domato. Se ne stava accucciata e come incatenata all’interno di avanzi di mura crollate. Deturpata e oltraggiata. La barba, ridotta in frantumi, giaceva mestamente per terra e la nemes, sul capo, era logora e monca; perfino il Cobra Reale, era scappato via e non fiammeggiava più sulla fronte.
 “Qui è passata la collera di Ptha!... Ma che cosa è successo alla Sfinge? E’ così spoglia... mutilata…Gli uomini della squadra dell’Occidente Bello hanno appena terminato di dipingere la sua veste… Il caposquadra Kerr-hut solo ieri ha dato gli ultimi ritocchi alla barba... La barba?... “ 
La Shepes-ank non aveva barba: gli avanzi giacevano al suolo, irriconoscibili, in mezzo ad altri frammenti. Chi aveva osato tanto, si chiese, spingendo lo sguardo più in alto: il profilo del Custode Divino era mutilato anche del naso. Il barbaglio del sole l’accecò. Chiuse gli occhi ma li riaprì subito, con la sensazione di uno sguardo puntato su di lui. Ebbe un sussulto: gli occhi della Shepes-anh erano davvero fissi su di lui.  
“Anche ferita – pensò sottovoce, per nulla sorpreso – il Divino Guardiano della Terra-Nascosta non cessa di vegliare. I suoi occhi sono sempre vigili. Notte e giorno!”
Così gli aveva spiegato il principe Thaose. Quando i preti di Ra le avrebbero consegnato Ka e Ren, aveva detto, la Shepes-ank del faraone Khafra non avrebbe chiuso mai più gli occhi per vigilare sulla Terra-Nascosta. Un po’ rinfrancato, staccò lo sguardo dal maestoso Guardiano e lo dirottò verso l’orizzonte... (CONTINUA) 
brano tratto da  DJOSER  - I Giardini di Osiride  -
si può richiedere  on line   oppure direttamente all'autrice scontato e con DEDICA  PERSONALIZZATA

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