Djoser cominciò a contare i gradini; ua, senu, khenet,
fedu…(uno, due, tre, quattro)… medyu (dieci)… dyebati (venti)…
smise di contare e quand’ebbe raggiunto le Torri e la Muraglia, salutò:
“Omaggio
a Te, Primo Pilastro di Usir-dal-cuore-immobile.
Io sto
compiendo la mia strada. Io Ti conosco…”
Le parole rotolarono nel silenzio, fragorose come
ciottoli spinti dal vento impetuoso del deserto; l’eco che si trascinavano
dietro era secca ed ossessiva.
Un silenzio agghiacciante, però, inghiottì
improvvisamente ogni cosa, compreso il ghigno dei due demoni, i quali lo
avevano seguito, ma che abbassarono la testa e ritirarono il velenoso
pungiglione.
“O Signore
dell’Amenti, Re dell’eternità…” s’interruppe e un forte
sbavo di paura gli percorse l’inguine e il ventre, salì attraverso lo stomaco e
raggiunse il cuore: stagliata contro la Muraglia c’era un’inquietante figura di
di donna che il ragazzo riconobbe subito e salutò con voce malferma:
“Io conosco il nome de…della Dama di questo Pilone. Signora-della-Torre
è il suo nome. Padrona-delle-Tenebra. Dama che respinge il
violento… Aa-hit, è il tuo nome, Madre di Aha-il-Combattente.”
La bocca sdegnosamente arcuata e minacciosamente
socchiusa in un sorriso, tale da far rabbrividire la stessa Bestia-Ammit, Aa-hit lo guardò come si guarda un
insetto.
Era la Signora del Primo Pilone dei Giardini di
Osiride.
Chimera dalle ali inquiete, Sfinge dallo sguardo
enigmatico, Aa-hit lo fronteggiò in tutta la sua divina bellezza:
irresistibile, pericolosa e potente come il cobra eretto sulla fronte di un
Faraone.
Djoser provò a distogliere lo sguardo, ma non ne fu
capace: una forza superiore l’attirava verso di Lei.
Occhi verdi di brace, labbra rosse e carnose, Aa-hit
lo fissava scuotendo i lunghissimi, cespugliosi capelli legati sulla nuca e
trattenuti da due ali dorate di avvoltoio: l’acconciatura delle Regine. Al
contrario di quelle, però, in purissimo oro proveniente dalle cave del Sinai,
le ali che ornavano la Dama di quel Pilone erano vibranti e palpitanti di vita
e scuotevano l’aria, andando a congiungersi al centro della fronte, dove era
incisa la figura di un piccolo scorpione.
Non si capiva se anche quello fosse vero o finto, ma, ogni qual volta
la Dama corrugava la fronte, pareva agitarsi.
Aa-hit indossava una veste di pelle scura e
aderente, una seconda pelle che faceva risaltare ogni angolazione, ogni curva,
ogni sinuosità del suo corpo.
Djoser la fissò terrorizzato e affascinato, accecato
dal bagliore del pettorale d’argento con le insegne da Combattente, mazza e
pugnale, che assecondava la linea prorompente del seno. Vi era incisa anche la figura di uno scorpione
circondato di fiamme; stessa incisione sulla larga cintura che le stringeva la
vita ed a cui erano appesi catene e flagelli.
Djoser frugò febbrilmente, ma inutilmente, dentro la
mente alla ricerca di formule sacre con cui placarne l’ira sdegnosa: la paura
gli impediva di pensare e gli occhi seguivano atterriti il lento movimento del
suo braccio destro armato di un pugnale dalla lama insanguinata.
Immobile, attese che la punta a testa di scorpione
della lunga canna, che la Signora-del-Terrore gli puntava contro, gli
penetrasse nel petto; alle sue spalle, le sagome prostrate al suolo dei due
demoni, sembravano macchie scure spalmate sul pavimento.
“O Grande
di Potenza, Signora della Distruzione.
O Dama
dell’Orizzonte che lava i suoi coltelli,
io sono
giunto qui munito di magia…” le parole gli irruppero nel cervello con la
violenza di un sasso lanciato con la fionda, ma non sortirono l’effetto che
s’aspettava da loro: Aa-hit era sempre lì, minacciosa e determinata ad
impedirgli l’accesso oltre quel Pilone.
Djoser conosceva bene la sua natura e la sua funzione:
era una delle Madri-degli-Antichi che Osiride aveva messo a protezione dei
confini dei suoi Giardini.
Djoser era terrorizzato. Le risorse del suo animo,
diceva sempre il venerabile Hetpher, erano insospettabili e fu a quelle che si
aggrappò in quel momento. Con accento di sfida sollevò il bastone che il
Venerabile gli aveva messo nelle mani e con quello rintuzzò la canna della Dama
del Pilastro.
Seguì un tuono: la risata della Dama. Riverberò
intorno a lui, avviluppandolo in una spirale; il braccio ustionato ardeva di
indicibile dolore e quando il bastone gli cadde di mano e finì per terra, il
ragazzo si sentì perduto e si curvò in avanti.
L’ombra di Aa-hit piombò su di lui come una
massa scura, ma un’altra ombra, più larga ancora e più scura, inghiottì la sua
e quella della Dama; il ragazzo non osò nemmeno sollevare il capo.
Il suo sguardo, fisso al suolo, seguì la forma scura
che andava delineandosi per terra, nitida e chiara.
La prima cosa che distinse fu la sagoma di una mano
armata di hedy, mazza da combattimento degli antichi guerrieri, poi vide
un gigantesco scorpione che gli fece fare un sobbalzo indietro.
“SeleK-Hor!” proruppe.
brano tratto da "DJOSER e i Libri di Thot"
nelle miglioro librerie, presso MONTECOVELLO EDITORE oppure AMAZON
o direttamente AUTOGRAFATO con DEDICA ed OMAGGIO direttamente
presso l'autrice mariapace2010@gmail.com
brano tratto da "DJOSER e i Libri di Thot"
nelle miglioro librerie, presso MONTECOVELLO EDITORE oppure AMAZON
o direttamente AUTOGRAFATO con DEDICA ed OMAGGIO direttamente
presso l'autrice mariapace2010@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento