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“Come tu sei il mio amico Djoser.”
Non pareva per nulla stupito, il piccolo Sikty,
di quell’incontro. Solo contento. Era ancora bambino e non conosceva lo stupore
del miracolo. Djoser, invece, sì!
La gioventù è sensibile ai miracoli della vita.
“Ehi! - il falco-bambino lo svegliò dallo
stupore - Non mi senti?”
“Oh!, sì... sei proprio il Ba del mio
amico Sikty e...”
“Sono cosa?” lo interruppe la vocetta stridula
del bimbo-uccello.
“Sei il Ba del mio amico Sikty.”
“Io sono Sikty!” insistette l’altro con caparbietà.
“Certo che sei Sikty, ma non sei più quello che
viveva nel Mondo-di-Sopra. Adesso sei un Ba. Sei un’anima e...”
“Io sono S i k t y! - conguettò quello - Sono
il figlio del fabbro Sekhem e di sua moglie Khara!”
“Va bene! Va bene! - conciliò Djoser; ricordava
quanto permaloso e testardo fosse il suo amichetto anche da vivo - Sei Sikty! -
sorrise poi proseguì - Non sei cambiato!... No! - si corresse subito - Sei
cambiato. Ma la tua faccia non è cambiata. La tua faccia è sempre la stessa.”
“Tu invece sei cambiato. Sei tu, ma sei
diverso. Sei così alto...”
“Eh! - fece Djoser - Sono scresciuto. Non ho
più cinque anni. Cinque anni avevo quando...” Per la terza volta s’interruppe.
“Quando finii annegato nello stagno.” concluse
per lui l’amichetto, con accento quasi divertito.
“Già!” assentì Djoser con aria mortificata.
“Da allora mi tengo lontano dal più piccolo
specchio d’acqua. Ah.ah.…- cinguettò - Bevo solo rugiada dai tronchi degli
alberi” Anche Djoser rise, mentre continuava a fissarlo negli occhi. Erano
proprio gli occhietti di Sikty, scuri e furbetti.
“Da quel giorno mia madre mi ha sempre tenuto
lontano da ogni pozzanghera d’acqua. - ancora una pausa, per raccogliere
l’emozione sparsa dentro e fuori di lui da quell’incredibile incontro; Djoser
tirò su col naso - Anche mia madre è qui. L’hai incontrata qualche volta? Hai
incontrato i miei genitori?” chiese.
Sikty scosse il capino piumato di cui Djoser
parve accorgersi solo in quel momento, di colore grigio- ardesia striato di
bianco. La sua mano si tese per una carezza, che Sikty parve gradire..
“E i tuoi lunghi capelli?” lo udì domandare.
Uno stormo di gufi venne a frullare intorno al
lungo ramo proteso su cui stava appollaiato Sikty, impedendogli di rispondere.
Sbattevano le ali rumorosamente e dai versacci
che emettevano, parevano più gracchianti cornacchie che silenziosi rapaci.
Djoser sollevò lo Scettro di Anubi e li mise in fuga.
Sua madre, ricordò, odiava gufi e civette.
Diceva che portavano disgrazie e che ne
aveva visto uno appollaiato sul melo del loro giardino proprio il giorno della
disgrazia del suo amichetto. Diceva che cacciavano di notte in silenzio e con
il favore delle tenebre perchè di giorno erano impegnati a spargere disgrazie.
Suo padre, però, sorrideva dei suoi timori e gli diceva che ognuno di quegli
odiati pennuti era utile per tenere lontano i topi che, quelli sì, erano
dannosi.
Sikty sollevò un’ala per proteggersi il capo e
si lasciò sfuggire un lamento; lo stormo di gufi era già lontano.
“Ehi, Sikty!... Ma tu sei ferito. La tua ala è
spezzata. Che cosa ti è successo? Sono stati quei gufacci dispettosi?”
Il bambino-uccello scosse il capino.
“E’
stato il Macellatore-delle-Anime-Fuggenti. - piagnucolò - Mi ha
inseguito con i suoi coltelli. Io sono riuscito a volare via, ma lui... Oih!
Oih!... mi aveva già colpito... Oih! Oih!...”
“Non piangere, piccolino. Non piangere... C’è
qui il tuo amico Djoser che ti aiuterà a rimettere a posto la tua aluccia.”
Djoser gli accarezzò il capino, poi il dorso.
Quanta pena vederlo così piccolo ed indifeso. Era solo un bambino
quando era morto e bambino era
ancora adesso: uno stupendo
bambino-uccello la cui vista procurava un dolore acerbo al suo spirito.
“Fammi vedere la tua ala.” disse; Sikty tese
l’ala con un gemito.
“Se stai fermo e tranquillo, il tuo amico te la
sistema in un battito di ciglia.” lo rincuorò, poi prese un ramoscello, lo
accostò all’ala e l’avvolse con una pezzuola tratta fuori dalla sacca appesa al
collo. Sikty lo lasciava fare in silenzio.
“Sai dirmi di questo Macellatore di Anime
Fuggenti?” chiese. L’amichetto scosse il capino, ma la sua vocetta trillò:
“Però conosco un segreto.”
Djoser sollevò il capo; sorrise e si guardò
intorno.
“Qui? Nella Terra-dei-Misteri?... Oh! Qui ogni
cosa è un mistero. Compreso il mio piccolo amico Sikty”
“Quel giorno, nello stagno...”
“Non fu colpa mia, Sikty. – si agitò Djoser -
Ho provato a tirarti
fuori dell’acqua, ma non ci sono riuscito.
L’acqua mi spingeva lontano… lontano da te.”
“Non è stata l’acqua a spingerti fuori dello
stagno, Djoser.”
“E’ stata l’acqua.”
“Non è stata l’acqua a spingerti fuori dello
stagno.” insisteva il bambino-uccello.
“E’ stata l’acqua. - anche Djoser insisteva -
L’acqua mi ha spinto lontano.. Lo ricordo bene. Ricordo come annaspavo...”
“No! Io annaspavo. Poi è arrivato Lui. Ha
sospinto te fuori dello stagno ed ha condotto Sikty fino a qui.”
“Ma che cosa dici?”
“Che Lui mi ha condotto fino ai
Sentieri-della-Terra-Nascosta.”
“Non capisco. Non ti capisco. Chi è Lui?”
“Lui! -
ripetè il piccolo - Con Lui sono venuto fino ai confini della
Terra-Nascosta, ma Lui non c’era quando ho attraversato le Tenebre
popolate dai Grandi Serpenti.”
“Vuoi dire il Labirinto?”
“... e non era col povero Sikty neppure nella
Laguna-della-Doppia-Fiamma. - il piccolo fece una pausa, poi aggiunse, con voce
carica di compiacimento - Ma Sikty è stato capace di spegnere le Fiamme.”
“Capisco! - proruppe Djoser - Adesso capisco.
Hai attraversato il Labirinto e il Lago-di-Fuoco e sei arrivato fino alla
Foresta-del-Tempo... Però, non mi hai ancora detto chi è Lui.”
“Oh! - sospirò il Ba dell’amichetto -
Non sai che dietro ogni segreto ce n’è sempre un altro? Vivere tanto più a
lungo di me, nel Mondo-di-Sopra non ha giovato alla tua vita. Pare a me.”
trillò ancora Sikty, felice della sua aluccia rattoppata.
“Io voglio soltanto sapere chi è Lui.”
“H-A-P-Y! - scandì con la sua vocetta acuta il
bimbo-uccello - Come puoi non averlo capito! Era Hapy, il Signore del Nilo.”
“Hapy! Ma certo! E’ stato Hapy a tirarmi fuori.
Se così non fosse stato, ci sarei anch’io qui con te. Oh, mi dispiace!”
Sikty scosse il capino e provò a sbattere le
ali, anche se non riusciva ancora a stendere quella spezzata.
“Che cosa posso fare ancora per te? Fra poco la
tua ala sarà guarita e non t’impedirà più di riprendere il volo.”
“E tu pensi – replicò polemico l’amichetto -
che un’ala ferita possa fermare un viandante come me nell’attraversando la
Terra-Nascosta?”
“Se non è la tua ala ferita, che cos’altro ti
trattiene?”
“Sono
Quelli-che-causano-la-distruzione-dei-colpevoli a braccare i pellegrini che
attraversano la Duat.”
Il caratterino del suo amichetto non era
davvero cambiato, pensò Djoser; nemmeno adesso che stava percorrendo la Terra
Nascosta. Neppure lui, però, era cambiato ed, infatti, candidamente domandò:
“Chi sono costoro?”
“Gli Spiriti Protettori che lo Sciacallo Divino
ha posto a guardia del corpo di Osiride.” spiegò l’altro.
“E Tu saresti uno di quei colpevoli?”
“Naturalmente no! Ma quelli non lo sanno.”
“Sono stati quelli a spezzarti l’ala?”
“… e una zampa. – precisò Sikty - L’ala e una
zampa. Sono stati Colui-che-vive-nel-fuoco e Colui-che-ha-gli-Occhi-Rossi.”
Seguì una breve pausa per sbattere l’ala e
controllare se andava meglio. Cosa che, sorprendentemente, stava avvenendo a
vista d’occhio, poi giunse la sua esortazione:
“Attento a quelli e pronuncia bene i loro
nomi.”
“Lo farò, ma dimmi, che cosa ci fai ancora qui?
Io ti credevo a goderti le Beatitudini nei Sekhet-Jaru
insieme agli altri Glorificati. Chi sono queste Anime-Ba che svolazzano
d’albero in albero facendo tanto baccano?”
“Aspettano come sto aspettando io.”
“Aspettano che cosa?”